Le immagini dell'eclisse dell' 11 agosto
1999! Immagini di Roberto Crippa
L'immagine originale è stata ottenuta
con un teleobiettivo Canon da 300/2.8, aperto a f/22, con una camera HiSIS33
e tempo di esposizione di un decimo di secondo.
Le elaborazioni successive sono state
ottenute con i software Qmips32 ed Astroart; nelle immagini in cui il Sole
appare tondo è stato applicato un gradiente rotazionale con algoritmo
di Larson Sekanina, mentre l' ultima immagine è una proiezione polare:
un' osservatore idealmente posto sulla superficie del Sole (la linea nera
in basso) vedrebbe, con i piedi caldi, così svilupparsi la corona
interna sopra alla sua testa.
L' enormità di informazioni contenute
nell' immagine CCD non è ancora completamente svelata da queste
nostre prime elaborazioni, dove peraltro si contano almeno più di
un centinaio di filamenti del campo magnetico che permea la corona solare.
Clicca sulle immagini per vederle grandi.
Originale (visualizzazione con scala logaritmica).
Elaborazione con gradiente rotazionale.
Composizione di vari gradienti rotazionali,
riprodotta in falsi colori.
Gradiente rotazionale che evidenzia i
lunghi getti.
Gradiente rotazionale in falsi colori.
Trasformazione dell'immagine in coordiate
polari.
L' idea di utilizzare una camera CCD per
riprendere un' eclisse totale di Sole ci è balenata in Messico,
nel 1991, subito dopo avere osservato l' eclisse più lunga del secolo.
Fino ad allora, sulle riviste specializzate
erano apparsi solo alcuni tentativi di digitalizzazione e di elaborazione
di immagini fotografiche che non erano però parsi all' altezza delle
possibilità di una camera CCD, in particolare per la scarsa risoluzione
dinamica che la pellicola chimica offre. Gli unici risultati degni di nota
erano stati prodotti con filtri a gradiente radiale che hanno grandi pregi,
ma anche il grande difetto di essere costosissimi.
Un CCD ha invece grande risoluzione dinamica
(se è a 16 bit permette di leggere 65536 grigi) ed ha anche grande
risoluzione spaziale perche i suoi pixel sono estremamente piccoli; ci
potevamo quindi attendere di osservare dettagli tanto nelle zone più
interne della corona, le più luminose, quando nelle debolissime
parti più lontane della corona esterna.
Il primo tentativo fu durante l' eclisse
dell'ottobre 1994: eravamo a Sevaruyo in Bolivia; allora avevamo applicato
un teleobiettivo da 135 mm ad un CCD Sbig ST6.
La seconda campagna osservativa con un
CCD è stata condotta durante l'eclisse del 1998 ad Antigua.
Allora avevamo utilizzato una camera più
evoluta dotata di un otturatore che ci permetteva tempi di posa di un centesimo
di secondo: una HiSIS22 con un chip Kodak KAF-0400 applicata ad un teleobiettivo
Canon da 300 mm, f 2/8, che in quella occasione era stato utilizzato a
tutta apertura.
I risultati ci davano ragione e abbiamo
quindi deciso di continuare sulla difficile strada della ripresa di un'
eclisse di Sole con una camera CCD.
Fatto perciò tesoro delle precedenti
esperienze, abbiamo pensato di migliorare il sistema per l' eclisse del
11 Agosto.
Allo stesso teleobiettivo da 300 mm abbiamo
questa volta accoppiato una camera CCD HiSIS33 corredata da un chip Thomson
TH7896M, il che permetteva di ottenere una risoluzione di 13 secondi d'
arco al pixel, con un campo totale inquadrato di 1°50' sul lato del
chip.
Lo scoglio principale che abbiamo dovuto
superare (sul quale già in precedenza avevamo cozzato) è
la messa a fuoco; il Sole, purtroppo, non è un oggetto puntiforme,
abbiamo dovuto perciò arrabattarci per trovare il sistema di ottenere
immagini nitide.
Vanno tenuti presente i seguenti punti:
l'atmosfera di giorno è molto turbolenta, la messa a fuoco notturna
non può essere utilizzata di giorno perchè il calore del
Sole dilata il materiale e non è possibile utilizzare filtri in
vetro che cambiano il punto di messa a fuoco a causa del loro spessore.
I risultati non ci apparivano soddisfacenti
nemmeno dopo aver utilizzato come filtro, di spessore quasi nullo, una
pellicola fotografica sovraesposta; è stata di Lorenzo Comolli l'idea
di tentare prove di messa a fuoco diurne con un filtro in Mylar, che tutti
sanno essere spesso solo pochi micron.
Prima di partire per la Turchia, abbiamo
perciò dedicato circa un mese per trovare la metodologia più
corretta per una buona messa a fuoco: tralasciamo la descrizione di tutti
i sistemi provati dicendovi che il migliore a tutt' oggi ci è parso
quello di individuare delle macchie solari; con un idoneo software va poi
misurata l' intensità del nucleo delle macchie: tanto più
ci si avvicina alla messa a fuoco perfetta, tanto più l'intensità
apparirà bassa e la macchia più scura.
Tutta la procedura, una volta divenuta
di routine, prende circa un' ora di tempo.
Ci siamo perciò organizzati per
arrivare a Zile, il luogo prescelto per l' osservazione dell' eclisse (che
si trovava a circa 50 km a Est da quello individuato dagli organizzatori
del viaggio di L' astronomia), con un giusto anticipo rispetto al primo
contatto: questo ci avrebbe permesso di montare il teleobiettivo e il CCD
su una Great Polaris, di orientarla e di montare in parallelo un altro
teleobiettivo da 800 mm per riprese con le tradizionali pellicole chimiche.
Questo anticipo sulla fase operativa ci
avrebbe permesso di effettuare una buona messa a fuoco.
Prima del primo contatto il cielo era
quasi del tutto sereno, solo una lontanissima nuvola faceva mostra di sé;
tutto filò liscio fino a pochi minuti dall'inizio della totalità,
quando la nuvola fantozziana, lemme lemme, aveva iniziato a spostarsi proprio
là dove c' era il Sole ed appariva chiaro che avrebbe disturbato
il lavoro durante l' eclisse.
Il software della nostra camera era stato
impostato per aquisire automaticamente una sequenza di ben nove immagini
con un tempo di esposizione di un centesimo di secondo: i tempi erano stati
calcolati perchè tra tutte le riprese e lo scaricamento dei dati
nel computer si occupavano 120 secondi: avremmo quindi potuto mettere il
tappo all'obiettivo prima della fine dell' eclisse per non rischiare di
bruciare l' otturatore (come era capitato ad Antigua) o, peggio, il chip.
Ad una manciata di secondi dall' inizio
della totalità, a causa della presenza della nuvoletta malvagia,
abbiamo deciso di modificare i parametri della sequenza, portando ad otto
il numero delle immagini ed a un decimo di secondo l' esposizione.
Questa è stata una mossa vincente,
mentre la totalità cominciava eravamo ancora piegati sul computer,
finchè la prima immagine CCD si formò sullo schermo: non
era affatto sottoesposta! Da questo punto in avanti tutto era automatizzato
e potevamo quindi dedicarci a riprendere immagini con il teleobiettivo
da 800 mm.
Alla sera, in albergo, avevamo quasi paura
di vedere i risultati; acceso il computer, aperto il programma di elaborazione,
fu con un sospiro di solievo e di ammirazione che guardammo come avevamo
sconfitto la "nuvola dell'impiegato" dell'ultima eclisse del secolo; già
nuove idee ci frullavano nella mente, ma per metterle in pratica si dovrà
aspettare il 2001 con la prima eclisse del secolo, in Africa subequatoriale.