Evidenziate
importanti interazioni
tra le protuberanze cromosferiche e la struttura locale della corona
solare.
Per noi del GAT l’eclisse
del 29 marzo era la 7° osservata direttamente sul campo. Ci siamo
recati in 80
a Sallum, sul confine Libico-Egiziano, alcuni come R.Cogliati hanno
scelto di
osservare l’eclisse in pieno Mediterraneo su una nave da Crocera, altri
hanno
scelto di rimanere in Italia per impegni vari (A.Brunati, P.OstinellI)
o per
cause di forza maggiore (proprio in quei giorni P. Ardizio diventava
padre per
la seconda volta della piccola Aurora…). Le esperienze precedenti ci
hanno
insegnato che, in un periodo come l’attuale in cui l’attività
solare è al
minimo, sarebbe stato molto interessante scrutare in ogni dettaglio la
corona,
mentre era poco probabile la presenza di grosse protuberanze emergenti
dalla
rossa cromosferiche nei momenti immediatamente precedenti e seguenti la
totalità.
Ricordiamo che, essendo il
materiale costituente la corona un plasma caldissimo (la temperatura,
per
ragioni ancora molto discusse, arriva ad alcuni milioni di °C,
nonostante che
la temperatura della superficie fotosferica del Sole sia di circa
6000°C), esso
viene catturato dalle linee di forza del campo magnetico generale del
Sole,
contribuendo ad evidenziarne in maniera magnifica la struttura. Il
fatto è che
la forma del campo magnetico generale del Sole è profondamente
connessa
all’andamento del ciclo undecennale del Sole stesso. In particolare,
nei
periodi (come quello attuale) in cui l’attività solare è
al minimo, il Sole
presenta un campo magnetico DIPOLARE allineato con l’asse di rotazione.
Man
mano che l’attività solare aumenta l’asse di questo dipolo ruota
lentamente
fino a portarsi, con il raggiungimento di un massimo solare, quasi
sull’equatore (era questa la situazione che sperimentammo direttamente
in
Messico l’11 Luglio 1991 e in Zambia il 21 Giugno 2001). Con
l’attenuarsi dell’
attività solare, il dipolo magnetico del Sole riprende a ruotare
fino a
ritornare coincidente con l’asse di rotazione al minimo successivo,
avendo nel
contempo invertito la polarità (se per esempio si parte con un
minimo a
polarità Nord-Sud, il minimo successivo avrà
polarità Sud-Nord). In sostanza
c’era da prevedere, per l’eclisse egiziana, un dipolo magnetico ben
allineato
con l’asse di rotazione solare ma con polarità opposta rispetto
a quanto osservammo
ad Antigua (Caraibi) il 26 Febbraio 1998 (minimo solare precedente
all’attuale). Unica condizione per fare questa verifica era quella di
posizionare correttamente il disco solare nel fotogramma (o
nell’oculare di un
telescopio) utilizzando una montatura perfettamente allineata con il
polo
celeste. Ebbene, la realtà si è rivelata molto prossima
alle previsioni: il
dipolo solare era nitidissimo sia ad occhio nudo sia, soprattutto con
un il
binocolo senza filtri. Notevole, in particolare, l’estensione fino ad
un paio
di diametri solari di una moltitudine di pennacchi equatoriali,
prodotti dal
ben noto accostamento (sul piano equatoriale del Sole) di linee di
forza a
polarità opposte, aperte verso l’esterno.
Come sempre, però, mentre la
visione diretta era veramente surreale e fantastica, molto più
difficile è
risultata la corretta registrazione fotografica. Va detto che questa
è stata anche
la prima eclisse in cui siano state utilizzate sia macchine
tradizionali sia
macchine reflex digitali. Tra i primi R. Crippa, G. Macalli, A.
Paganoni e
molti altri, tra cui alcuni amici del Gruppo A&G. Bernasconi di
Saronno,
guidati dal prof. Ferioli, dell’ Antares di Legnano guidati da Franco
Rama e
alcuni astrofili mantovani. A usare tecniche digitali per esempio L.
Comolli
(GAT) assieme a A. Gambaro hanno applicato una Canon 350 D ad un
rifrattore
Pentax da 75 mm (f/5,6) realizzando centinaia di eccellenti immagini a
pose via
via crescenti che, combinate elettronicamente, hanno fornito una
visione della
corona non molto lontana da quella reale. Del tutto particolari e
tecnicamente
complesse le sequenze di tutta l’eclisse in un unico fotogramma: molti
vi si
sono cimentati in Egitto, ma ancora una volta è degno di
menzione il lavoro di
Maria Crippa, un’autentica veterana con sette sequenze perfette in
sette
eclissi differenti.
Per quanto riguarda la
cromosfera, le protuberanze erano piuttosto numerose ma deboli sia in
entrata
che in uscita. Le due maggiori erano visibili in entrata ed erano
verosimilmente collegate ad un grosso gruppo di tre macchie (siglate
865, 866 e
867) appena sorte sul bordo est del Sole. Immagini ad alta risoluzione
(L.Comolli, A. Gambaro e R.Crippa) delle strutture coronali nei pressi
di
queste protuberanze si sono rivelate scientificamente molto importanti:
è stato
infatti possibile evidenziare che il rosso materiale cromosferico,
entrando nella
corona, ne modifica pesantemente la struttura generale, imprimendo nel
plasma
coronale l’impronta del campo magnetico locale tendenzialmente
dipolare.
Notevole, nel minuto che ha
preceduto la totalità e nei 30 secondi successivi alla
totalità, è stato lo
sviluppo di ombre volanti: si formavano, svanivano, si spostavano a
velocità
continuamente variabile. Secondo la teoria costruita da L. Codona
(Università
dell’ Arizona) gia nel 1986, i raggi che si dipartono dall’ultima
sottilissima
falce di Sole arrivano al suolo su percorsi leggermente differenti,
finendo col
creare bande di interferenza chiare e scure (le ombre volanti,
appunto). Questo
effetto è tanto più notevole quanto maggiore è la
turbolenza atmosferica che,
di sicuro, doveva essere molto accentuata il 29 Marzo a Sallum dopo
l’autentico
nubifragio delle ore precedenti.
Non bisogna poi dimenticare che anche il
clima sente in maniera
fortissima il passaggio in atmosfera del freddo cono d’ombra della
Luna.
Temperatura ed umidità sono stati i parametri valutati in
maniera più accurata
grazie a moltissime osservazioni differenti: Anna Guaita, Martina
Bonacina,
Lorenzo Comolli e Alessandro Gambaro per il GAT, Alberto Ghiotto e
Fabio Peri
per il Planetario di Milano, soprattutto F. e G. Rama, A. Besani e M.
Maggi del
gruppo Antares di Legnano, grazie ad un sistema computerizzato che
riprendeva dati
ogni 5 secondi. Il calo di temperatura è stato netto (da circa
22°C a poco meno
di 17°), così come netto è stato l’aumento di
umidità (dal 35% al 60%): in
entrambi i casi la variazione massima si è avuta una quindicina
di minuti dopo
la totalità, in perfetta concordanza con tutte le eclissi che
avevamo seguito
in precedenza. Più problematica la misura del calo di
luminosità. Una cosa è
certa: nel cielo si vedevano benissimo Mercurio e Venere (Venere,
secondo le
osservazioni effettuate da Giuseppe Macallli, è rimasto visibile
addirittura fino
a 33 minuti dopo la totalità!) mentre l’orizzonte, grazie alla
piatta pianura
desertica ci circondava, si è tinto per 360° di una
meravigliosa colorazione
rosso-aranciata, quasi si trattasse di un innaturale tramonto
(splendide al
riguardo le foto tradizionali di Carlo Lanzani, Lorenzo Comolli e
Alessandro
Gambaro). Si è trattato quindi di un’eclisse scura (succede
sempre così quando
la corona è debole a causa della bassa attività solare).
Rimane il fatto che la
valutazione oggettiva di QUANTO fosse buio rimane difficile. Molto
ingannevole
è, per esempio, l’occhio umano: la pupilla tende infatti a
dilatarsi lentamente
man mano che il Sole si ricopre, dando una sensazione di buio molto
inferiore
alla realtà. Per superare questo problema è necessario
utilizzare una
strumentazione che prescinda dalla risposta fisiologica dell’occhio.
Per
esempio da cinque eclissi consecutive noi del GAT utilizziamo un
pannello
solare di 60 cm2 con uscita in Volt, studiato da Piermario Ardizio
nell’intento di misurare il calo di Energia emesso dal Sole. Come quasi
sempre
in passato, anche in Egitto il calo della tensione, misurata da Anna
Guaita e
Martina Bonacina, ha rasentato il 75%. Energia però, non
è esattamente luminosità.
Tanto è vero che L. Comolli e A.Gambaro, con un apposito
luxmetro, hanno
effettuato una misura piuttosto impressionante nel senso che la scala
è passata
da un valore di 118.000 lux in pieno Sole ad un valore di 4 lux in
piena
totalità! C’è da augurarsi che lo stesso luxmetro venga
utilizzato anche il 22
luglio 2009 in India o in Cina: 6,5 lunghissimi minuti di
totalità e l’attività
solare in crescita potrebbero contribuire a chiarire definitivamente il
problema.