GAT - Gruppo Astronomico Tradatese
Lettera n°88
Eclisse africana e batteri marziani

Sommario:


Introduzione
Figura 1
La prima supernova del tipo Ia ritrovata alla distanza record di 10 miliardi di anni luce.
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La prima supernova del tipo Ia ritrovata alla distanza record di 10 miliardi di anni luce è sicuramente l'evento astronomico dell'anno. La scoperta, divulgata dalla NASA il 2 Aprile scorso, è stata effettuata da A. Riess entro una galassia con un red shift z=1,7 appartenente al famoso Hubble Deep Filed Nord (la minuscola regione di cielo che nel dicembre 1995 il Telescopio Spaziale Hubble puntò per 11 giorni consecutivi): la stella esplosa venne casualmente scoperta nel dicembre 1997 (da qui il nome di SN 19997 ff) proprio nel momento della sua massima luminosità, permettendone un calcolo assoluto di distanza (come noto, le Supernove di tipo Ia hanno sempre la stessa luminosità assoluta al massimo, quindi sono tra le candele di distanza più affidabili del Cosmo). Il fatto straordinario è che la SN 1997 ff è risultata PIU' LUMINOSA di quanto richiesto dal valore di z della galassia ospitante, indicando che, in quel tempo lontanissimo (5 miliardi di anni dopo il Big Bang) l'Universo doveva espandersi più lentamente di quanto non faccia ora (in parole povere doveva essere meno dilatato di quanto indicherebbe la sua attuale velocità di espansione). Sembra dunque che, in un certo momento nel passato, il Cosmo abbia cominciato ad accellerare (per ragioni che ci sono del tutto oscure) la sua velocità di espansione: si tratta della clamorosa conferma di una ricerca condotta un paio di anni fa su Supernove molto più vicine (z compresi tra 0,2-0,8) che apparvero PIU' DEBOLI di quanto richiesto da un Universo in espansione uniforme (evidentemente perché lo spazio tra noi e loro si è dilatato più velocemente del previsto).
Un'altra ghiotta notizia si è diffusa quasi contemporaneamente alla felice partenza (7 Aprile 2001) verso Marte (dove entrerà in orbita il 24 Ottobre) della navicella Mars Odissey 2001: quella della scoperta di granuli di magnetite di chiara origine batterica nella famosa meteorite marziana ALH84001. Inevitabile che vi dedicassimo una parte di questa lettera.
Lo spazio maggiore è stato comunque riservato all'evento astronomico dell'anno, vale a dire LA GRANDE ECLISSE CHE IL PROSSIMO 21 Giugno ATTRAVERSERA' L'AFRICA sud-equatoriale e che noi seguiremo in una apposita spedizione in Zambia, appena a Nord della capitale Lusaka. Doveroso spazio viene inoltre dedicato alla occultazione della stella Eta Gem, seguita da L.Comolli, S.Bolzoni e S.Basso nella notte di Sabato 31 Marzo, nello stesso momento in cui altri due nostri soci (Luca Martello e Gianpiero Realmuto) assistevano, dal Campo dei Fiori, ad una spettacolare aurora boreale........
Vi ricordiamo sempre che il nostro concorso annuale in memoria di Eros Benatti è dedicato quest'anno a proposte per un autoadesivo che diventi nostro simbolo per gli anni 2000.


La grande eclisse sulla savana

Il prossimo 21 Giugno il centro dell'Africa sarà attraversato da una delle eclissi totali di Sole più spettacolari degli ultimi 20 anni: la Luna quasi al perigeo (previsto alle 17h del 23 Giugno) ed il Sole vicino all'apogeo (ricordiamo che il 21 giugno comincia, per le regioni sotto l'equatore, l'inverno astronomico) rendono questa eclisse la più lunga dopo la famosa (e per noi sempre indimenticabile!) eclisse messicana dell' 11 luglio '91 Questa prima eclisse del 3° millennio inizierà alle 10:35:55 U.T., quando il cono d'ombra della Luna largo 127 km toccherà la superficie terrestre in pieno Oceano Atlantico, circa 400 km a Sud-Est dell' Uruguaiy: in questo punto il Sole sorgerà oscurato per 2min 06sec. L'eclisse raggiungerà la massima lunghezza di 4min 56 sec alle 12:03:41 U.T. ancora in pieno oceano Atlantico, a 1100 km a Ovest della costa africana equatoriale: il quel momento il Sole sarà alto 55° e il cono d'ombra della Luna, largo 200 km, si sposterà a 1995 Km/h.. L'eclisse toccherà, a 2268 km/h la costa africana dell'Angola alle 12:36 U.T. con il Sole alto 49°: la larghezza del cono d'ombra di 193 km determinerà una totalità di 4min 36 sec. Altezza del Sole, clima molto favorevole e lunghezza della totalità rendono la costa occidentale dell'Angola il luogo astronomicamente migliore per la grande eclisse africana. Peccato che, dal punto di vista politico l'Angola è un paese grandemente a rischio. Così, la maggior parte degli osservatori (compresi noi del GAT) si porterà in Zambia, dove il cono d'ombra entrerà alle 12:37 U.T..
Figura 2
La fascia di totalità in Africa.
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Figura 3
La fascia di totalità in Zambia.
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E' notevole il fatto che l'eclisse oscurerà per 3min 14sec la capitale Lusaka, situata 35 km a Sud della linea di centralità. Qui, nel famoso parco nazionale di Kafue (presso la fattoria di Fringilla) ci recheremo anche noi del GAT per seguire una totalità di 3min 35 sec con il Sole alto 35°. Dopo aver attraversato il fiume Zambresi l'eclisse si porterà in Zimbabwe (nella capitale Harare il Sole di oscurerà per il 98%) e Mozambico prima di raggiungere, ad una velocità ormai di 6120 km/h, la costa dell' Oceano Indiano: qui il Sole alto 23° sarà oscurato per 3min 09sec, ma le condizioni climatiche saranno molto problematiche.. Alle 13:28 U.T. il cono d'ombra raggiungerà la costa occidentale del Madagascar per una totalità di 2min 25sec: le condizioni climatiche sono eccellenti anche se il Sole sarà ormai alto solo 11°. Il cono d'ombra lunare lascerà definitivamente la superficie terrestre in pieno oceano Indiano alle 13:31:33 U.T. dopo aver percorso, in 2h 54min, qualcosa come 12000 km.
L'eclisse del 21 Giugno 2001 è la 57° del cosiddetto SAROS 127: come noto un ciclo di Saros è un periodo di 18anni,11 giorni e 8 ore dopo del quale due eclissi ritornano ad avere geometria identica (stessa data, con la Luna allo stesso nodo ed alla stessa distanza dalla Terra). Il SAROS 127 comprende 82 eclissi, delle quali nessuna anulare (le prime 20 parziali, le successive 42 totali, le ultime 20 ancora parziali) per una durata complessiva di 1460,44 anni. La prima della serie (parziale del 3,4%) avvenne presso il circolo polare artico il 10 Ottobre 991. La prima totale (2minuti) attraversò la Groenlandia il 14 Maggio 1352. Successivamente le totalità si sono spostate sempre più a Sud aumentando contemporaneamente la durata: il record di 5min 40sec è stato raggiunto il 30 Agosto 1532. A partire dalla metà del 1700 le eclissi del Saros 127 hanno ripreso a spostarsi verso Nord, mostrando quasi sempre totalità
considerevoli: la prima del 1900 ha attraversato per 5 min la Malesia e le Filippine il 9 Maggio 1929, l'ultima del 1900 ha attraversato l'Indonesia per 5min 11 sec l' 11 Giugno 1983. Dopo il 21 Giugno 2001 il Saros 127 produrrà altre 5 eclissi totali ad iniziare da quella che attraverserà il Sudamerica il 2 luglio 2019, per finire a quella che attraverserà l'Australia il 15 Agosto 2091. Da quel momento in avanti si succederanno 20 eclissi parziali di durata sempre decrescente: la prima (96,5%) avverrà il 26 Agosto 2109, l'ultima (ed ultima del Saros 127) avverrà il 21 marzo 2452 (meno del 3%).
Il 21 Giugno, con il Sole proiettato nella costellazione dei Gemelli, il cielo della totalità mostrerà uno spettacolo davvero mozzafiato. Ben 4 pianeti saranno visibili allineati ad Ovest del Sole: Giove (m=-1,5) a 5° di distanza, Mercurio (m=+2,7) a 8,6°, Saturno (m=0,3) a 22,6°, Venere (m=-3,3 a 45,3°.
Figura 4
Il cielo nel momento dell'eclisse. 
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A 22° e 24° Est del Sole sarà possibile vedere Castore (m=1,94) e Polluce (m=1,14), le due stelle principali dei Gemelli: sarà a questo punto interessante chiedere a maghi ed astrologi come mai, per loro, il Sole si dovrebbe trovare nella costellazione del Cancro. In caso di cielo molto limpido sarà immediato osservare molte altre stelle luminose, da Capella (m=0,08) dell' Auriga, 24° a Nord del Sole, a Procione (m=0,38) nel Cane Minore e Sirio -(m=-1,46), nel Cane Maggiore rispettivamente 30° e 42° a Sud, per finire a Betelgeuse (m=0,5) e Rigel (m=0,12) in Orione rispettivamente a 16° e 34° Sud. Questa situazione celeste ricorda un po' il cielo dell' 11 luglio in Messico: Siccome però allora l'emozione profonda ci impedì di fotografare al meglio stelle e pianeti attorno al Sole, cercheremo di rifarci il prossimo 21 Giugno in Africa. Anzi, cercheremo di rifarci non solo il giorno dell' eclisse ma anche nelle notti successive quando, sfruttando il periodo di luna nuova (condizione questa obbligata per l'avvenire di un'eclisse di Sole) studieremo e fotograferemo le meraviglie dell'emisfero australe (ricordiamo che rimarremo per una decina di giorni a circa -15° Lat Sud) sotto il cielo ASSOLUTAMENTE BUIO della savana africana. Questa possibilità, oltre naturalmente alla magia dell'eclisse, è stato lo stimolo che ci ha spinto ad intraprendere questa nuova complessa avventura africana.
Prevedere come sarà la corona solare in totalità è, come sempre molto difficile. Il grande risveglio del 23° ciclo di attività solare nella primavera di quest'anno potrebbe comunque condurre ad una corona estesa ed enigmatica come quella dell'eclisse europea dell ' 11 Agosto 1999.


Batteri marziani: prove definitive?

Dopo il famoso annuncio della NASA nell' estate 1996, la possibile esistenza di batteri marziani fossili nel meteorite antartico ALH84001 ha avuto cinque anni di alti e bassi, con una netta tendenza della maggior parte della comunità scientifica ad uno scetticismo sempre maggiore. Adesso, però, alcuni studi approfonditi delle particelle di magnetite (un ossido di ferro capace di magnetizzarsi) che accompagnano i globuli di carbonato di cui è ricco il meteorite, hanno clamorosamente rilanciato l'ipotesi biologica. Il primo lavoro è stato pubblicato sul numero dell' 1 Dicembre 2000 della rivista Geochimica et Cosmochimica Acta da un team di otto scienziati guidati da Kathie Thomas-Kepta (una planetologa del Johnson Space Center di Houston già co-autrice dei primi controversi dati presentati nel 1996). Secondo questi studi circa il 27% delle particelle di magnetite ritrovate in ALH84001 appaiono indistinguibili da analoghe particelle prodotte da certi batteri terrestri per orientarsi nel campo magnetico esterno (tipico è il caso del batterio marino MV-1).
Figura 5
Particelle di magnetite in ALH84001.
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I caratteri biologici si possono così riassumere: lunghezza media di circa 40 nanometri (ottimale per un perfetto orientamento magnetico), eccezionale purezza chimica (come solo la sintesi biologica può produrre e, comunque, essenziale per avere la massima sensibilità al campo magnetico esterno), una rara struttura cristallina a 14 facce denominata esa-ottaedrica, praticamente priva di irregolarità geometriche (cosa che tra i minerali naturali non è possibile reperire).
Figura 6
Schema delle particelle di magnetite.
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Dati molto convincenti, come si vede, che però non hanno inizialmente convinto altri ricercatori come A. Treiman (Lunar and Planetary Institute) secondo cui le regolarità riscontrate nei granuli di magnetite di ALH84001 potrebbero spiegarsi con qualche particolare meccanismo (ancora da scoprire) di decomposizione termica dei carbonati ricchi di Ferro presenti nel meteorite. Ma un ennesimo colpo di scena è venuto il 27 Febbraio 2001 con la pubblicazione sul volume 98 (p.2176-81) della rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) di un lavoro di Imre Friedmann (grande specialista di forme di vita in condizioni estreme presso l' Ames Research Center). La ricerca consiste nello studio accurato dei granuli di magnetite incriminati, mediante immagini SEM (microscopio elettronico a scansione) ad alta risoluzione con una tecnica in grado di evidenziare al meglio metalli pesanti come il Ferro. E' stato così possibile osservare alcuni casi in cui granuli di magnetite sono allineati (lungo il loro asse maggiore) in lunghe catene nelle quali le singole dimensioni sono perfettamente identiche. La similitudine con analoghi esempi all'interno di batteri terrestri magnetotattili è impressionante, compresa la tendenza delle catene a piegarsi in alcuni punti senza perdere l'allineamento dei granuli di magnetite che le compongono.
Figura 7
Le catene di particelle di magnetite.
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Una prova quasi schiacciante dunque, della presenza su Marte di batteri fossili primordiali? Forse. Sta di fatto, che già sono cominciati i 'contrattacchi' degli oppositori. Uno di questi è per esempio P. Buseck (un microscopista dell'Università dell'Arizona) che si è affrettato a far notare come, nel caso terrestre, eventuali allineamenti di granuli di magnetite si disperdono nella matrice alla morte dei batteri coinvolti, quindi non mantengono per milioni di anni la regolarità riscontrata nel caso marziano. Senza contare che c'è chi, come R. Harvey (un esperto di meteoriti della Western Reserve University di Cleveland) che parla chiaramente di possibili artefatti strumentali introdotti da tecniche (come quella di I. Friedmann) ancora troppo nuove e poco sperimentate su matrici complesse come le rocce meteoritiche. Sta di fatto, comunque, che dopo 5 anni di torpore, la disputa sull'esistenza di batteri marziani ha improvvisamente ripreso vigore, grazie all'introduzione di nuove tecniche strumentali. Ed è un bene che sia così perché non è ammissibile che un caso spinoso come quello di ALH84001 possa rimanere senza risposte o, peggio, con risposte non accettate all'unanimità dalla comunità scientifica.
 
 


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