Sommario:
Figura 1
La sonda DeepSpace 1 visita la cometa 19P/Borrelly il 23 settembre 2001. Per vedere l'immagine più grande clicca sull'immagine. |
Per finire, prima di sintetizzare le nostre prossime iniziative, due
impegni da ricordare :
- L' ASTRON 2001 (Milano-Novegro 27-28 Ottobre) : vi spettiamo numerosi
al nostro Stand !
- Il CONCORSO ANNUALE IN MEMORIA DI EROS BENATTI dedicato quest'anno
a proposte per un nuovo autoadesivo : chiusura definitiva il
10 Dicembre ( con premiazione del vincitore 2001 il 21 Gennaio 2002)
Rispetto alle altre due cromosfere molto attive che avevamo studiato
in passato (Messico 91 e Turchia 99) l'eclisse 'africana' dello scorso
21 Giugno ha mostrato un paragonabile numero di protuberanze ma una dimensione
media delle stesse nettamente inferiore: ne sono apparse una mezza dozzina
in corrispondenza del polo sud solare (parte superiore del disco solare
visto dallo Zambia) ma erano piccole e poco dettagliate; alcune altre di
taglia anche inferiore erano evidenti sul semicerchio cromosferico in uscita.
D'altra parte, la presenza di protuberanze cromosferiche durante un'eclisse
è un evento molto casuale e fortunato che prescinde spesso dal grado
di attività solare in quel momento. Tanto per dar l'idea: se il
grande gruppo di macchie che stava transitando sul disco solare in quei
giorni si fosse trovato su uno dei bordi al momento dell'eclisse, ne avremmo
letteralmente viste delle belle.....
Ma non c'è dubbio che l'interesse scientifico principale dell'eclisse
africana risiedeva ancora una volta nello studio della corona solare più
interna, dove risultano magnificamente evidenziate tutte le principali
manifestazioni del campo magnetismo generale, cui il Sole va soggetto durante
il suo ciclo undecennale. La più vistosa tra queste modificazioni
è una rotazione/inversione del campo dipolare generale del Sole
sincrona con il procedere del ciclo undecennale.
Da qui, come noto, la nostra decisione di seguire le modificazioni
del campo magnetico solare durante un INTERO ciclo undecennale di attività
(il 23°) a partire dall'eclisse dell' 11 luglio '91, in Messico, col
Sole al massimo del 22° Ciclo. Il nostro intento era quello di verificare
sperimentalmente le previsioni di alcuni lavori ormai classici pubblicati
negli anni 70 da T.Saito (Universita' di Tohoku) e J. Akasofu (Universita'
dell'Alaska) secondo cui, col progredire dell'attività solare, il
campo magnetico generale del Sole ruota invertendosi in 11 anni e riprende
l'allineamento iniziale dopo 22 anni: in altre parole, la 'calamita solare'
si inclina fino ad adagiarsi sull'equatore nei periodi di massima attività,
mentre risulta parallela all'asse di rotazione quando l'attività
è al minimo. Su queste basi, le immagini della corona 'europea'
che avevamo realizzato l' 11 Agosto '99, con il Sole ormai prossimo al
massimo del 23° ciclo, ci avevano lasciato molto perplessi: essa infatti
era costituita da una moltitudine di sottili pennacchi emergenti in direzione
radiale dall'intera superficie solare senza nessun indizio di dove fosse
posizionato il campo magnetico solare. Era quindi indispensabile, riosservare
al più presto quello stesso tipo di corona solare in condizioni
climatiche perfette. Esattamente quanto è avvenuto in Zambia lo
scorso 21 Giugno.
Per le immagini, abbiamo utilizzato due tecniche ormai ben sperimentate
in passato: riprese fotografiche (C.GUAITA) al fuoco diretto di un riflettore
catadiottrico con focale di 1000 mm (pellicola da 100 ASA con pose crescenti
e decrescenti da 1/1000 a 3 secondi) e riprese elettroniche (R.CRIPPA)
con una camera CCD applicata ad un teleobiettivo da 300mm (e pose continuative
di 0,1 sec). In entrambi i casi la somma elettronica delle immagini
migliori (L.COMOLLI) ha fornito un risultato molto simile (confermandone
quindi la validità OGGETTIVA) ed ha permesso di arrivare ad una
rappresentazione molto prossima alla fantastica visione che solo il binocolo
riusciva ad offrire quando veniva puntato direttamente verso il Sole nero:
Figura 2
La corona solare ripresa in Zambia 2001 e per confronto ai Caraibi 1998. Per vedere l'immagine più grande clicca sull'immagine. |
Sta di fatto che sia le immagini fotografiche che quelle elettroniche
della corona 'africana' sembrano quasi la fotocopia della corona 'europea'
del '99, nel senso che ancora una volta tutta la circonferenza solare è
apparsa disseminata in maniera omogenea da sottili pennacchi radiali estesi
per almeno 2-3 raggi solari. Individuare con sicurezza la posizione del
dipolo magnetico solare è di nuovo risultato praticamente impossibile
non solo dalle immagini fotografiche ma, questa volta, anche da un'accuratissima
ispezione binoculare diretta cui abbiamo deciso di dedicare un intero preziosissimo
minuto di totalità. D'altra parte che i pennacchi radiali costituissero
effettivamente l' essenza dell' intera corona 'africana' è dimostrato
dalle immagini che la sonda SOHO ha ripreso alla corona media (LASCO C2)
ed alla corona più esterna (LASCO C3) nel momento stesso in cui
l'eclisse si verificava: anche qui infatti a dominare sono lunghi filamenti
radiali di plasma che trovano nelle immagini della corona interna riprese
da Terra la loro naturale continuità.
Due corone strutturalmente molto simili come quella 'europea' dell'
Agosto '99 e quella 'africana' del Giugno 2001 non possono ovviamente essere
casuali. E' chiaro a questo punto che il legame tra di esse è l'elevata
attività solare conseguente al massimo del 23° ciclo. C' è
a questo punto da chiedersi come mai questo non si verificò in Messico
nel Luglio '91, quando, con il Sole in piena attivita', la corona mostrò
lunghi pennacchi solo lungo la direzione Nord-Sud lasciando intravedere
in maniera magnifica (visualmente ancor più che fotograficamente)
le linee di forza del campo magnetico quasi adagiate sull'equatore. Proprio
il caso della corona messicana ha stimolato i già citati T.Saito
e J. Akasofu a ricercare una risposta in un lavoro pubblicato alla fine
del 1993: per brevità non possiamo addentrarci su questo punto ma,
per chi fosse interessato, tutti i dettagli sono stati da noi riassunti
sul numero di Agosto-Settembre 2001 della rivista L'ASTRONOMIA.
Gli effetti micro-climatici (luminosità, temperatura, umidità%,
vento) indotti sulla superficie terrestre dal velocissimo passaggio attraverso
l'atmosfera del freddo cono d'ombra della Luna sono sempre di difficile
interpretazione a causa del sovrapporsi, per ogni eclisse, di fattori locali
sempre diversi. Così, dopo 10 anni di eclissi, molti erano i dubbi
che ci erano rimasti. Ebbene, le condizioni assolutamente ideali che abbiamo
sperimentato lo scorso 21 Giugno in Africa hanno contribuito a chiarirci
definitivamente le idee: questo grazie allo splendido lavoro fatto da Anna
e Lucia Guaita e da Martina Bonacina sia nella giornata dell'eclisse sia
(per avere un preciso riferimento) nella giornata immediatamente precedente.
Iniziamo dalla misura di quello che, forse, è il parametro emotivamente
più coinvolgente di ogni eclisse totale di Sole, vale a dire la
diminuzione globale della luminosità ambiente. Conviene ribadire
che MAI queste misure vennero ottenute con un cielo completamente sgombro
da nuvole o da leggera foschia. Da questo punto di vista l'eclisse che
abbiamo seguito lo scorso 21 Giugno in Zambia è stata davvero speciale:
essa si è infatti verificata sotto un cielo PERFETTO da ogni punto
di vista, grazie alla quota di osservazione di circa 1.200 metri ed al
clima assolutamente secco dell'incipiente inverno australe. Il valore di
0,9 Volt in uscita in piena totalità dal pannello solare che ci
portiamo al seguito fin dai tempi di Messico 91, contro un valore di 5,23
Volt alla stessa ora del giorno precedente indica che l'eclisse africana
è stata oggettivamente molto SCURA, con un calo dell'energia solare
che ha sfiorato l' 85% e che questo, probabilmente, è il valore
medio standard per ogni eclisse:
Figura 3
Grafico dell'energia solare durante l'eclisse. Per vedere l'immagine più grande clicca sull'immagine. |
Quanto è successo in un grosso stagno, situato nelle immediate
vicinanze del nostro sito di osservazione è molto indicativo al
riguardo: le numerosissime ninfee che emergevano dall'acqua sono state
fotografate da S.Cagliani ormai completamente chiuse durante la fase massima
della totalità!
Oltre che la più SCURA l'eclisse africana è stata anche
la più FREDDA che ci sia capitato di osservare. Martina Bonacina,
assieme a Lucia ed Anna Guaita hanno misurato un minimo di temperatura
in ombra di 15,8°C circa 10 minuti dopo la totalità, laddove
il giorno precedente, alla stessa ora, la temperatura era di 22,4 °C:
se ne deduce un calo reale di temperatura in ombra dovuto all'eclisse di
6,6°C. Molto profondo è stato anche l'effetto termico sulla
temperatura ambiente in luce solare. Dieci minuti dopo la totalità
la temperatura al Sole era calata a 15,9°C: siccome il giorno precedente,
alla stessa ora, la temperatura in luce solare era di 24°C, il puro
effetto dovuto all'eclisse è risultato al sole di - 8,1°C, un
valore davvero notevole, che giustifica appieno la netta sensazione di
freddo che ha spinto molti di noi a rimettere gli indumenti più
pesanti con cui avevamo iniziato la giornata:
Figura 4
Grafico della temperatura durante l'eclisse. Per vedere l'immagine più grande clicca sull'immagine. |
L'abbassamento di temperatura ha prodotto un incremento netto dell'umidità
del 20% (dal 31 al 37%) e un leggero vento da Ovest verso Est che ha controbilanciato
il vento locale in direzione opposta.
Per quanto riguarda le 'OMBRE VOLANTI' un ottimo lavoro è effettuato
in Zambia da Lucia Guaita. In sostanza è stato approntato un lenzuolo
bianco di 2x1 metri con disegnata lungo tutto il perimetro una scala graduata,
che testimoniasse immediatamente, da un confronto diretto, le dimensioni
delle bande chiare e scure. Era inoltre pronto un pennarello per disegnare
sul telo forma e direzione delle eventuali ombre. Le 'ombre' sono comparse
regolarmente due minuti prima e dopo la totalità con direzione di
propagazione da Est verso Ovest a circa 1 m/sec (quindi in senso contrario
allo spostamento della Luna): si trattava di BANDE SCURE molto intense
dello spessore di circa 1 cm, intervallate da spazi chiari della larghezza
di 6-7 cm. La loro formazione per interferenza su cammini leggermente diversi
dell'ultimo spicchio di luce solare (la teoria di Codona) risulta a questo
punto altamente probabile (vedi per maggiori dettagli ancora L'ASTRONOMIA
di Agosto-Settembre 2001).
Clamorosa scoperta annunciata lo scorso 24 luglio a San Diego, in California, in occasione del 26° Congresso annuale della Società americana di Ingegneria e strumentazione ottica(SPIE ossia Society of Photo-Optical Instrumentation Enginees). L'autore, Joseph D. Miller, un neuro-biologo dell' UCS (Università della California del Sud), ha infatti portato serie prove secondi cui in uno degli esperimenti biologici effettuati dal Viking su Marte 25 anni fa (il cosiddetto esperimento di 'rilascio di anidride carbonica marcata', più succintamente definito LR=Labeled Release) ci sarebbero chiare tracce di attività microbica. Questo in base a conoscenze biologiche che ai tempi dei Viking non esistevano neppure e che lo stesso Miller ha contribuito ad approfondire nei passati 25 anni: più particolarmente lo scienziato dell'UCS è un biologo specializzato nello studio dei cosiddetti ritmi circadiani, vale a dire in tutta quella serie di risposte biochimiche e comportamentali con cui gli organismi terrestri inferiori e superiori sembrano reagire al succedersi periodico del giorno e della notte. J.Miller è andato a riguardarsi alcuni grafici relativi alle misure LR che i due Viking hanno condotto durante i loro 5 anni di permanenza su Marte rimanendo immediatamente colpito da un dettaglio cui nessuno, 25 anni fa, aveva dato importanza. Per capire di che si tratta dobbiamo però fare una descrizione seppur sommaria del citato esperimento di rilascio di anidride carbonica marcata. L' idea alla base è il fatto ben noto che tutti i micro-organismi terrestri metabolizzano le sostanze organiche liberando CO2. Venne così progettata una cella ermetica entro cui il braccio meccanico del Viking doveva deporre circa 1 grammo di suolo marziano. A questo punto veniva aggiunta una soluzione nutritiva acquosa contenente 7 composti organici a base di carbonio marcato con C14 radioattivo. L' assimilazione di questi composti organici da parte di eventuali microorganismi marziani avrebbe dovuto provocare emissione di anidride carbonica (CO2) il cui Carbonio (provenendo da sostanze a base di 14C) avrebbe dovuto essere a sua volta radioattivo (quindi 14CO2) e quindi facilmente analizzabile da un apposito rivelatore di radioattività collocato nella parte superiore della cella. Proprio questo, effettivamente successe su Marte, con l'aggiunta che l'emissione di 14CO2 si azzerava se il campione di suolo veniva prima sterilizzato a 160°C!
Figura 5
I ritmi circadiani nei dati del Viking, rielaborati da Miller nel 2001. Per vedere l'immagine più grande clicca sull'immagine. |
A frenare di vita su Marte' venne il risultato di un altro esperimento denominato GCMS: il suo compito era di ricercare direttamente molecole organiche nel suolo marziano ma il suo risultato fu assolutamente NEGATIVO. Chiaro che senza la presenza di composti organici non si poteva parlare di vita su Marte. Da qui tutta una lunga serie di esperimenti di laboratorio che sembrarono dimostrare come la liberazione di14CO2 nell'esperimento LR fosse in realtà un processo puramente chimico legato all ' esistenza nel suolo marziano di materiali altamente ossidanti ('superossidi') in grado di decomporre i composti organici delle soluzioni nutritive e quindi di simulare una risposta biologica. Adesso invece, con i nuovi studi di J.Miller, le cose sono state clamorosamente rimesse in discussione. Quello che tanto ha colpito Miller è il fatto che l'emissione di 14CO2 non era continua, ma mostrava un andamento regolarmente oscillante, con incrementi nelle ore diurne e diminuzioni nelle ore notturne. Per un esperto, come lui, di ritmi circadiani la cosa andava immediatamente approfondita alla eventuale ricerca di un qualche tipo di periodicità. Con un risultato assolutamente imprevisto: quello secondo cui la 14CO2 veniva emessa con fluttuazioni periodiche di 24,66 ore, perfettamente coincidenti con il giorno marziano!
Figura 6
I dati grezzi del Viking acquisiti nel 1976. Per vedere l'immagine più grande clicca sull'immagine. |