Si svolge a Saronno dal 15 Gennaio al 2 Aprile 2000 la 7° edizione di questa rassegna triennale unica in Europa. S.A.It., A.S.I., E.S.A., N.A.S.A., U.A.I. e Planetary Society, hanno come sempre concesso il patrocinio ufficiale. Per la prima volta tutta la mostra in un unico CD-ROM!
Quando un'idea e' veramente buona e' destinata col tempo a produrre
risultati sempre piu' importanti. E' il caso della mostra triennale dedicata
a L'ESPLORAZIONE DEL SISTEMA SOLARE, nata nel lontano 1980 da un' idea
originale del GAT, Gruppo Astronomico Tradatese ed ormai arrivata alla
7° edizione, in programma dal 15 Gennaio al 2 Aprile a Saronno, nelle
grandi sale dell'ex scuola di Via Biffi (tutti i giorni h 9,30-12,30/14,30-18,30).
Al GAT di Tradate hanno fornito ancora una volta indispensabile collaborazione
il Gruppo A&G Bernasconi di Saronno e il Gruppo Antares di Legnano,
nonche' gli Assessorati alla Cultura di Saronno, Tradate e Provincia di
Varese. Presente, anche la societa' Meteosystem per la ricezione di dati
metereologici ed immagini da satellite e la società SI.SE.CO per
il collegamento Internet con tutti i più importanti Centri mondiali
di ricerca planetaria.
La fortuna di questa mostra, unica nel suo genere in Europa, e' fondamentalmente
legata allo scopo primario con cui e' stata concepita fin dall'inizio:
colmare, ogni tre anni e mediante l'uso di appetibili immagini fotografiche,
la cronica incapacita' dei mezzi di informazione di rendere partecipe la
gente comune ed il mondo della scuola delle straordinarie scoperte realizzate
dalle decine di sonde spaziali che l'uomo ha lanciato verso quasi tutti
i corpi del Sistema Solare. Inevitabile che la mostra si ingigantisse a
dismisura fino a contare. come nella 7° edizione, molte migliaia di
immagini. Inevitabile che questo ponesse anche seri problemi non solo per
gli organizzatori ma anche per il pubblico dei visitatori. Per questo abbiamo
voluto creare un archivio completo e facilmente accessibile. Ecco allora
una grande novita' per la 7° edizione della mostra: TUTTE le migliaia
di immagini sono state inserite in un UNICO CD-ROM che sara' a disposizione
dei visitatori. Per la digitalizzazione di ogni singola immagine e per
il rifacimento delle relative diciture sono state necessarie molte centinaia
di ore. Un lavoro davvero imponente e stressante che solo per la mostra
del 2000 abbiamo avuto il coraggio di portare a termine!
Dal punto di vista scientifico la mostra e' davvero quanto di meglio
sia attualmente disponibile: lo testimoniano i patrocini ufficiali ancora
una volta concessi dalla S.A.It. (Societa' Astronomica Italiana), dall'A.S.I.
(Agenzia Spaziale Italiana), dall' E.S.A. (Agenzia Spaziale Europea), dall'U.A.I.
(Unione Astrofili Italiani), nonchè dalla Planetary Society americana.
Ma all'indiscusso valore scientifico si aggiunge un PROFONDO SIGNIFICATO
DIDATTICO: la disposizione in sezioni, ognuna dedicata ad un singolo pianeta,
nonche' una grande mole di diciture esplicative e fortemente interattive,
rende ideale la mostra per la visita di studenti di ogni tipo di scuola.
In totale ai pianeti vengono dedicate 12 sezioni, mentre altre due sezioni
sono rivolte alla storia dell'esplorazione dello spazio ed all'Universo
visto dallo Space Telescope.
Davvero molte sono le novita' di questa edizione. La sezione LUNA si
e' arricchita delle immagini di Lunar Prospector, che testimoniano la presenza
di ghiaccio sui poli. Nella sezione TERRA vengono documentati gli sbilanciamenti
climatici legati alla corrente pacifica del Nino e l'aumento smisurato
del buco dell'ozono sull'Antartide. A proposito di Antartide e similmente
a quanto intravisto dalla sonda Galileo sul satellite gioviano Europa,
e' assolutamente affasciante la scoperta di laghi di acqua calda sotto
la gelida coltre esterna di ghiaccio. Novita' anche nella sezione ASTEROIDI
con le riprese spaziali (sonda NEAR) di Mathilde e di Eros e con le impressionanti
immagini radar di alcuni NEO, ossia oggetti con orbita radente a quella
della Terra (e' il caso di 1988 KY26, ripreso il 7 Giugno '98 dal radar
di Goldstone da 806.061 km oppure di 1999 JM8. ripreso ai primi di Agosto'99
dal radar di Arecibo da 8,5 milioni di km). Di grande effetto, nella sezione
COMETE, la parte dedicata alla Hale-Bopp, la cometa piu' studiata della
storia: basti dire che per oltre 5 anni il suo gigantesco nucleo e' stato
scrutato in ogni dettaglio dagli strumenti astronomici piu' evoluti di
questo secolo.
La sezione MARTE e' forse quella che ha subito le maggiori modifiche
rispetto alle edizioni precedenti della mostra. Merito soprattutto delle
immagini riprese al suolo dalle navicelle Pathfinder (Estate '97) e delle
immagini orbitali della Mars Global Surveyor. Per quanto riguarda la Pathfinder
ed il suo rover Sojourner, che ha lavorato dal 4 luglio al 28 Settembre
'97 sull'antico fondale lacustre di Ares Valley, si e' voluta presentare
quell'autentica foresta di rocce in immagini globali riprese in vari momenti
della giornata ed a varie angolazioni. Particolarmente emozionanti le immagini
delle albe e dei tramonti quando il cielo marziano, normalmente di colorazione
rosso-arancio, diviene incredibilmente azzurro a causa dell'effetto diffondente
dei minuscoli cristalli di ghiaccio presenti dell'alta stratosfera! Aggiungiamo
che il gioco sottile dei cambiamenti giornalieri nella direzione delle
ombre permette di percepire alcune informazioni del tutto sorprendenti:
una di queste e' la chiara presenza, su una decina delle rocce maggiori
di Ares Valley, di traumi superficiali provocati dall'impatto di piccoli
meteoriti (su Stimpy e' chiarissima la presenza di un cratere di 25 cm!),
la cui frequenza di caduta sul suolo marziano e', evidentemente, molto
maggiore che non sulla Terra. Da una valutazione statistica di questo effetto,
che e' una conseguenza della estrema rarefazione dell'atmosfera marziana,
ci si e' resi conto che la superficie di Marte deve essere una fonte di
meteoriti ancora migliore del continente antartico terrestre. Continente
antartico che conserva un legame molto stretto con il pianeta Rosso essendo
qui stata ritrovata la gran parte dei 13 meteoriti marziani finora scoperti:
questo argomento, naturalmente, non poteva mancare nella 7° edizione
della mostra, anche in considerazione del fatto che in tre di queste rocce
sono state scoperte tracce fossili da alcuni attribuite a possibili batteri
marziani.
Per quanto riguarda le immagini marziane orbitali, la 7° edizione
della mostra dedica una attenzione particolare ad uno studio completamente
nuovo ed appassionante della Mars Global Surveyor: quello dell' altimetria
globale del pianeta definita nei minimi dettagli dallo strumento MOLA e
quello della presenza, nell'emisfero Sud, di strisce magnetiche a polarita'
opposta. Le bellissime mappe altimetriche di MOLA evidenziano a meraviglia
dal punto di vista quantitativo, la netta disimmetria tra i due emisferi
di Marte: giovane, liscio e incavato quello settentrionale, antico, rilevato
e craterizzato quello meridionale. Da qui l'idea che l'emisfero Nord di
Marte abbia fatto da antico bacino di raccolta alla gran parte dell'acqua
del pianeta (formando il cosiddetto Oceano Boreale). Acqua che (secondo
altre splendide immagini MOLA in 3D riportate in mostra) adesso si trova
concentratata come ghiaccio sui poli ma che, se si sciogliesse, sarebbe
piu' che sufficiente a colmare il bacino boreale marziano fino a 0,1-0,5
km di altezza. Si rafforza, quindi, l'idea che Marte, in passato sia stato
un ambiente perfettamente compatibile con lo sviluppo di qualche forma
di vita. Vita marziana che, comunque, sembra abbia trovato le condizioni
migliori ai primordi della storia del pianeta, quando su Marte esisteva
un forte campo magnetico intrinseco in grado da fare da schermo ai pericoli
biologici della radiazione cosmica. La dimostrazione (ben documentata in
mostra) e' venuta da una clamorosa scoperta del magnetometro MAG a bordo
della Global Surveyor: quella di bande magnetiche a polarita' contrapposta
(indizio forse di antica tettonica) esclusivamente posizionate sull'emisfero
Sud marziano, laddove si sono conservate grazie all'antichita' geologica
della crosta. Puo' non essere un caso, a questo punto aver trovato ipotetici
batteri fossili in ALH84001, l'unico meteorite marziano la cui eta' rasenta
i 4 miliardi di anni......
In assoluto, comunque, e' la sezione GIOVE la piu' estesa di questa
7° edizione della mostra. Questo grazie al lavoro orbitale della sonda
Galileo che, inizialmente programmato per due anni e 11 orbite (Dice.95-Dic.97)
e' stato successivamente prolungato di altri due anni e 15 orbite nella
cosiddetta estensione GEM. Piu' di preciso GEM e' stata divisa in tre fasi
principali: la prima e piu' importante (8 orbite) dedicata allo studio
intensivo di Europa, la seconda dedicata a Giove e Callisto (4 orbite),
la terza rivolta allo studio ravvicinato di Io e del suo ambiente (3 orbite).
GEM si e' conclusa il 3 Gennaio 2000 con la Galileo ancora in discrete
condizioni di 'forma'. Per questo si e' deciso un ultimo prolungamento
di un anno con un nuovo passaggio radente su Io (22 Febbraio 2000 da 200
km) e due flyby con Ganimede (20 Maggio e 28 Dicembre 2000). Tutto questo
in attesa dell'arrivo nei pressi di Giove della sonda Cassini (30 Dicembre
2000) con la possibilita', da parte della Galileo, di effettuare osservazioni
combinate e comparative davvero irrepetibili.
Nella mostra sono messi in evidenza tre aspetti principali di Giove
come pianeta: uno riguarda la sua struttura interna, un altro descrive
la Macchia Rossa e la sua formazione, un terzo e' relativo alla morfologia
degli degli anelli ed alla loro complessa dinamica.
Le informazioni sull'interno di Giove sono legate a due oggetti, uno
naturale ed uno artificiale penetrati all'interno delle sue nuvole. L'oggetto
naturale e' naturalmente la cometa Shoemaker-Levy che nel luglio '94, dopo
essersi disintegrata in 22 frammenti, produsse sull'emisfero sud di Giove
cicatrici di immane violenza: l'evento, unico ed irrepetibile e' descritto
nella mostra di Gennaio in ogni dettaglio ed in maniera davvero magistrale.
Un anno e mezzo dopo, nel Dicembre '95 le nuvole di Giove sono state per
la prima volta 'violate' da un ordigno inviato dall'uomo, la navicella
Probe sganciata dalla sonda Galileo: immagini e risultati, a lungo fonte
di controverse discussioni, costituiscono uno dei piatti forti della intera
sezione Giove.
Uno dei modelli per la spiegazione della Grande Macchia Rossa parte
dall'idea che la rotazione differenziata tra fasce e bande produca, nelle
zone di confine, tanti piccoli cicloni. In un tempo molto breve su scala
planetaria (meno di 100 mila anni) i cicloni minori tendono a fondersi
in cicloni maggiori, per condensarsi, alla fine, in un unico grande ciclone
stabile. Questa teoria e' stata formulata gia' 10 anni fa da J. Dowing
(Cornell University) e A.Ingersol (Caltech) grazie ad una complessa serie
di simulazioni su un supercomputer IBM 3090-600E. Ebbene, tra l'Agosto
'97 e e il Febbraio '98 la sonda Galileo ha potuto in un certo senso documentare
sperimentalmente, con splendide immagini, il fenomeno della fusione in
un unica struttura di due cicloni diversi, in uno degli eventi piu' importanti
mai offerti dalla complessa metereologia gioviana. La storia in realta'
e' iniziata negli anni Trenta, quando, poco a Sud della Macchia Rossa (tra
36,5 e 32,6° S), si formarono tre Ovali Bianchi a rotazione antioraria
(e piu' rilevati rispetto all'ambiente circostante) denominati rispettivamente
BC, DE ed FA. Nell'Agosto 1997 la Galileo ha scoperto che tra BC e DE si
era formato uno strano vortice fortemente incavato e deformato che, ruotando
in senso orario, si comportava quasi come un ingranaggio di collegamento.
Contemporaneamente BC e DE hanno cominciato ad avvicinarsi a circa 1m/sec.
L'avvicinamento e' proseguito fino al mese di Febbraio'98 quando se ne
e' potuta costatare la completa fusione in un unico ciclone maggiore denominato
BE: bellissime le immagini della Galileo che mostrano la rotazione antioraria
di questo nuovo ciclone ma, nel contempo, anche la nascita tra BE e l'ovale
Bianco residuo FA di una nuova struttura a rotazione oraria denominata
O1. Forse proprio la presenza di O1 ha innescato nuove importanti modificazioni.
Anche BE ed FA, inizialmente separate di circa 40°, hanno infatti cominciato
ad avvicinarsi reciprocamente nel luglio '98, arrivando a soli 13°
di distanza nel Settembre 1999: un'ennesima fusione a questo punto pare
assolutamente probabile.
Per quanto riguarda gli anelli che circondano Giove, la 7° edizione
della mostra fa accuratamente il punto delle osservazioni compiute dalla
Galileo tra Novembre'96 e Novembre '97, in quattro occasioni, durante la
3°,8°,10° e 11° orbita. Viene in particolare descritto
lo strettissimo rapporto esistente tra la dinamica degli anelli e i quattro
piccoli satelliti immersi tra di essi (Metis, Adrastea, Amaltea e Tebe).
In sintesi questi satelliti sono sia la fonte della sottile polvere che
costituisce gli anelli, sia la barriera gravitazionale per il loro confinamento.
A differenza dei sottilissimi anelli di Saturno, la peculiarita' degli
anelli di Giove e' quella di avere uno spessore decisamente consistente:
30 km quello dell'anello PRINCIPALE (situato tra 1,79 e 1,81 Rg=Raggi gioviani
dove orbitano Metis e Adrastea), 2.600 Km quello dell' anello VELO piu'
interno (che termina a 2,54 Rg, dove orbita Amaltea), 8.800 km quelo dell'anello
VELO piu' esterno (che termina a 3,1 Rg, dove orbita Tebe). Lo spessore
di ogni anello non e' casuale ma coincide esattamente con l'inclinazione
orbitale dei satelliti ad essi collegati: da qui la dimostrazione chiara
che il materiale anulare proviene dai satelliti stessi. Questa idea e'
stata ulteriormente confermata sia da alcune simulazioni teoriche condotte
da J.Burns (Cornell University) sia da alcune splendide immagini infrarosse
(2,27 µ) riprese da Terra nell'Agosto '97 dal telescopio Keck in
cima alle Hawaii (e presenti alla mostra). La Galileo, pero', ha anche
scoperto, in immagini a posa molto prolungata, che Giove e' circondato
da altri due anelli ancora piu' bizzarri: un ALONE interno all'anello principale
(fino a 1,29 Rg) che si alza dal piano di quest'ultimo fino a 20.000 km
ed un ALONE esterno che, al di la' dell'orbita di Tebe, raggiunge uno spessore
di almeno 200.000 Km attorno agli 8 Rg. L'alone interno sarebbe costituito
da perticelle di polvere prima elettrizzata e poi sollevata dal campo magnetico
gioviano; l'alone esterno invece, essendo costituito da particelle in movimento
retrogrado, sarebbe il risultato della cattura di polvere interplanetaria.
Naturalmente la mostra del 2000 dedica un'attenzione del tutto particolare
ad Io, Europa, Ganimede e Callisto, i quattro satelliti galileiani di Giove,
studiati dalla Galileo in molteplici incontri ravvicinati. Le novita' relative
ad Io riguardano soprattutto lo studio della distribuzione globale dei
vulcani in attivita' mediante immagini notturne all' infrarosso, la scoperta
di eruzioni vulcaniche imponenti sia come estensione sia come temperatura
(il caso piu' enigmatico e' quello di Pillar Patera, che in poche settimane
ha ricoperto una superficie paragonabile alla Lombardia con un magma a
temperatura >1500°C), la ripresa di emissioni aurorali innescate un
po' dovunque dalle particelle energetiche della magnetosfera di Giove.
Le immagini che la Galileo ci ha mandato della superficie ghiacciata
di Europa sono sicuramente le piu' attraenti e controverse dell'intera
mostra: tocchera' ai visitatori giudicare fino a che punto esse siano in
grado di dimostrare la presenza di un grande oceano di acqua liquida e
calda al di sotto della crosta ghiacciata; una sensazione che diviene quasi
certezza su quel 40% di superficie laddove le gigantesche fessure lasciano
il posto ad un terreno reso caotico dalla probabile risalita di materiale
caldo e chimicamente scuro. Da questo punto di vista le riprese della regione
di Conomara sono al tempo stesso emblematiche e sensazionali. Questa tipo
di attivita' geologica dovette esistere in passato anche su Ganimede ma,
stando alle immagini della Galileo, essa si estinse molto presto a causa
del piu' modesto riscaldamento mareale prodotto da Giove. Riscaldamento
mareale che, nel caso di Callisto, non si e' mai innescato: per questo
la superfice e' rimasta in uno stato di abbandono geologico totale, finendo
per saturarsi di crateri da impatto.
Poche ma significative le novita' sui pianeti piu' esterni (tra tutte
la scoperta di 3, o forse 5 nuovi satelliti di Uranio) grazie allo Space
Telescope ed all'impiego degli ultimi grandi telescopi terrestri ad ottiche
adattive.
In definitiva un appuntamento, quello dal 15 Gennaio al 2 Aprile all'
ex scuola Biffi di Saronno, assolutamente da non perdere. Soprattutto un
appuntamento didatticamente insostituibile per tutte le scuole della Penisola:
anche perche', ripetiamo, nulla di simile esiste, attualmente, in Europa.
Unica condizione per le scuole: la necessita' di prenotarsi per tempo telefonando
(fino al 14 Gennaio 2000) al N. 02/96710290 (Ufficio Pubblica Istruzione
di Saronno/Sig.ra Ferrario) oppure (a partire dal 15 Gennaio 2000) al N.
02/96708532 (Segreteria della mostra).